La recensione di oggi vi parla di Cuccette per signora di Anita Nair edito da Neri Pozza.
Anita Nair vive a Bangalore, in India. Nel 1987 ha pubblicato una raccolta di racconti, Satyr if the Subway and Eleven Other Stories. Nel 2001 è apparso, in questa stessa collana, il suo primo romanzo, Un uomo migliore, che ha ottenuto un notevole successo di critica e di pubblico.

Titolo: Cuccette per signora Link Amazon
Titolo originale: Ladies Coupé
Autore: Anita Nair
Editore: Neri Pozza
Data Uscita: 2009
Pagine: 336
Narrazione: Terza persona
Finale: conclusivo
Sinossi
Stazione ferroviaria di Bangalore, India. Akhila, single quarantacinquenne da sempre confinata nel ruolo di figlia, sorella, zia, è a un passo dal realizzare il suo grande sogno: salire su un treno gloriosamente sola, sistemarsi in una delle cuccette riservate alle signore e partire alla volta di una meta lontana, il paesino in riva al mare di Kanyakumari.
Con le cinque donne del suo scompartimento – Janaki, moglie viziata e madre confusa; Margaret Shanti, insegnante di chimica sposata con un insensibile tiranno; Prabha Devi, la perfetta donna di casa; Sheela, quattordici anni e la capacità di capire ciò che le altre non possono; Marikolanthu, la cui innocenza è stata distrutta da una notte di lussuria – si crea subito una profonda intimità. Nelle confidenze sussurrate durante la lunga notte Akhila cerca una risposta alle domande che la turbano da quando era bambina, gli stessi dilemmi che caratterizzano il viaggio intrapreso da ogni donna nella vita.
Recensione di Gabriella
Alla stazione di Bangalore, Akhila, decide di prendere il treno per fare ciò che sognava: smetterla con il suo ruolo di capofamiglia e allontanarsi il più possibile dal suo ruolo e dalle sue responsabilità. All’interno di questo scompartimento solo per signore si imbatte in altre cinque donne che hanno una loro storia alle spalle e si crea tra di loro una forte intimità. Questo le porta a raccontarsi tra di loro le loro storie e fanno sì che Akhila possa avere delle risposte a domande che si è sempre posta, ma che non hanno mai avuto una risposta.
“Quando Sheela si sedette lì, sul terrazzo, con le pinzette e uno specchietto in cui poteva esaminarsi, Ammumma disse: <<Non devi diventare una di quelle donne che si prendono cura di sè per compiacere gli altri: La sola persona che devi compiacere sei te stessa. Quando ti guardi allo specchio, l’immagine riflessa deve farti sentire contenta. Ho provato a insegnarlo a tua madre e a tua zia. Ma sono donne schiocche. non capiscono quello che ho tentato di dir loro. Tu… tu, spero che tu non sia tanto stupida>>.”
Ho iniziato questo libro con molta curiosità, libro scelto per la lettura mensile della biblioteca del mio comune, in quanto si tratta di un altro modo di vedere le cose, di un’altra cultura molto diversa da quella che possiamo avere noi. La curiosità era molta ma…
Ho trovato questo libro di una lentezza devastante e, anche se l’ho preso a piccole dosi, ho impiegato tantissimo a finirlo. Da una parte c’è la storia di queste donne che hanno vissuto tutte storie diverse, contornate da questa cultura e da questo popolo molto diverso da noi, ma l’ho trovato di una lentezza disarmante. Ho sperato che con il raggiungimento della prima metà del libro la storia si smuovesse un po’ di più e invece è rimasto abbastanza piatto.
Non so se è il periodo in cui l’ho letto poco adatto o semplicemente non è il tipo di scrittura che cattura.

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